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Un Edificio per il Commercio

Salvatore Tringali e Rosanna La Rosa Formato 21 x 29,7 cm, rilegato in brossura, 28 pagine. Modica giugno 1990 Progetto grafico: Salvatore Tringali e Rosanna La Rosa

È sempre molto difficile parlare della propria architettura e delle motivazioni che portano a determinate scelte nel campo della forma. Troppe sono le cause esterne, i ricordi, le sensazioni, le emozioni che concorrono a ideare un'architettura. Quando si è di fronte ad un opera come quella degli amici La Rosa e Tringali, troppe sono le coincidenze e molti i riferimenti ai più recenti progetti di Aldo Rossi e miei.
Spesso nell'insegnamento universitario della composizione architettonica abbiamo consigliato agli studenti di riferirsi a certe forme, ad avere un idea precisa dell'ar-chitettura e a ricorrere senza remore alla citazione.
L'architettura come altre volte ho scritto è stata già tutta disegnata, l'importante è saper tracciare all'interno del proprio senso dell'architettura una precisa scelta di tendenza.
Vorrei concludere questa breve presentazione con due citazioni di Aldo Rossi; la prima potrebbe essere l'epigrafe di questo scritto, sono parole di Aldo Rossi in una intervista in occasione di una mostra di suoi disegni e progetti: «I miei migliori allievi, nel senso dello sviluppo di alcuni principi da me enunciati, sono gran parte dei giovani architetti di tutto il mondo, in Europa, in America, in Giappone; la generazione di mezzo ha portato avanti e consolidato un aspetto della mia ricerca, i più giovani sviluppano senza nessun complesso di imitazione alcuni miei progetti. In realtà le forme architettoniche si elaborano nel tempo e diventano patrimonio comune dell'architettura come in qualsiasi tecnica o scienza.
Qualcuno ha visto prima di noi certe cose e ce le ha trasmesse; e questo è vero in particolare nello specifico architettonico.
Un architetto come Palladio ha permesso la massima creatività all'interno di un riferimento non solo disciplinare ma addirittura locale e personale. I palladiani inglesi non trasformano ma ripetono la villa e Palladio affidandolo ad un contesto diverso».
La seconda citazione è del saggio «Le Torri di Parma» in occasione del libro sul nostro progetto del centro commerciale «Centro Torri» di Parma che è stata la musa ispiratrice del laboratorio Moncada.
«E certo che ritornerò sul mattone, e sull'uso promiscuo della ceramica o della maiolica, o altro tipo di decorazione lucida, vetrosa che unita al laterizio ne sottolinea il carattere opaco ma ne esalta la natura solida e naturale, onesta e sicura.
Vi è nell'uso del mattone anche un sentimento di mancanza, di sostitutivo, di non finito. Forse gli architetti lo hanno sempre amato perchè li consolava di ciò che non potevano avere: la pietra.
In questo senso le opere più belle sono quelle dove per incidenti, guerre, carestie, mancanza di denaro, la pietra riveste solo parte dell'edificio o il basamento. Tale era il duomo di Milano fino all'era napoleonica, tali sono alcune cattedrali. Ma il non finito del mattone è anche spesso la mancanza di intonaco, generalmente usato nel mondo latino a partire dal rinascimento».
Milano, giugno 1990
Note introduttive di Gianni Braghieri.

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