Gli Intellettuali del Papa? Una triste farsa

 

 Da “Il Giornale” del 23 novembre 2009 pag. 28 e 29

E dunque il Papa ha convocato gli «artisti». Alcuni hanno raccontato o commentato con emozione l’esperienza, nessuno ha potuto parlare. Dalle cronache risulta che Sergio Castellitto è l’unico che si è manifestato per leggere parti della lettera agli artisti di Papa Wojtyla. Ma i presenti erano troppi o erano pochi; ed erano quelli che avrebbero dovuto esserci o quelli che la notorietà ha reso obbligatori? Fatico a capire come attori e cantanti, registi e comici, alcuni anche apprezzabili debbano essere stati privilegiati rispetto a quanti hanno lavorato per la Chiesa con devozione e con convinzione. Un dibattito recente, alimentato anche da monsignor Gianfranco Ravasi, ha indicato i limiti e la inadeguatezza dell’architettura religiosa, ma questo non ha impedito di cooptare ali’ assise vaticana alcuni degli architetti responsabili di questo degrado, legittimandone le spudorate imprese. È vero che la presenza di Mario Botta rendeva onore alla categoria per l’impegno con il quale si è applicato ad alcune chiese nel Ticino, ma si fatica a capire che cosa motivasse l’invito, oltre la controversa fama, a Vittorio Gregotti o a Zaha Hadid.
Altrettanto inevitabili devono essere sembrate le presenze Yannis Kounellis, Arnaldo Pomodoro, Anish Kapoor, e anche di Nicola De Maria, Lucio Del Pezzo. Ma, mi chiedo, a che titolo? Mi pare assai singolare che monsignor Ravasi ignori l’impegno di uno dei luoghi sommamente simbolici dell’arte cristiana, dove da anni si lavora per restituire unità di architettura e decorazione. Mi riferisco alla Cattedrale di Noto, restituita al suo disegno originario, e oggi cantiere di una vasta impresa di scultura e di pittura. Nel comitato che presiede alla simbolica impresa c’è un giovane vescovo, collega di Ravasi, monsignor Chenis. Con lui abbiamo selezionato e invitato alcuni artisti di diverse generazioni per compiere la difficile opera anche in relazione alle esigenze liturgiche. Si è richiamato l’allievo di Nicola Arduino che vide nascere nella bottega del maestro il soffitto distrutto nel crollo: Ottavio Mazzonis, classe 1921, pittore di straordinario magistero. A lui sono state chieste le pale per il transetto. A un giovane artista russo, Oleg Supereco, operoso in Italia e esperto nella tecnica dell’affresco, sono stati chiesti, ed eseguiti con la sobria misura di un «nazareno», i pennacchi con gli evangelisti e gli apostoli nella cupola. A un grande scultore moravo, Ivan Theimer, sono state chieste le porte laterali in bronzo. E a Filippo Dobrilla, toscano di ispirazione michelangiolesca, il San Giovanni per il battistero. Alle vetrate si è applicato l’abilissimo Francesco Mori, già ammirato nella riproduzione delle vetrate di Duccio di Boninsegna nel Duomo di Siena. Miracolosamente, leggo tra gli invitati il nome di Giuseppe Ducrot, autore dell’altare e del pulpito della chiesa di San Benedetto a Norcia e, a Noto, incaricato dello stesso impegno. Non mi risulta che in Italia vi sia un cantiere più prestigioso di quello di Noto, evidentemente sfuggito all’attenzione degli organizzatori dell’incontro con il Papa. E, pensando a quanto sia difficile testimoniare in forme o temi della fede cristiana, mi chiedo come si sia potuta ignorare la testimonianza costante, tenace, mistica di un grande artista come Giannetto Fieschi, oggi quasi novantenne, e in tutta la sua attività segnato dalla croce. In altra direzione, ma con analogo afflato mistico, si è mosso Valentino Vago, che non so se abbia ricevuto una chiamata. Dalle cronache, ma l’elenco dei presenti non è completo, non risulta traccia neanche del più osti nato contro ogni mistificazione e ipocrisia, dei pittori che si sono applicati ai soggetti religiosi: Mario Donizetti. Certo la sua eventuale assenza e la presenza, invece, di un artista lontanissimo dalla problematica religiosa come Lucio Del Pezzo, inducono a riflessioni sul metodo e sulle finalità dell’incontro. Se penso poi all’intensità dell’esperienza siciliana registro con qualche stupore (e spero sia attribuibile alla insufficienza delle cronache) l’assenza dei nomi di Piero Guccio-ne, spirito mistico come pochi altri di Franco Sarnari e, tra i musicisti, di Franco Battiato. Sono certo invece dell’assenza non sopportabile, perché forse attribuibile alla mano del diavolo dei due più grandi artisti viventi, non so se non raggiunti, o non disponibili, ma certo spiriti religiosi come pochissimi altri, lo spagnolo Antonio Lopez Garcia e l’inglese Lucien Freud. Difficile immaginare un incontro con gli artisti a cui siano presenti Emilio Isgrò, Giuseppe Gallo, Gino Giannetti e siano assenti i due artisti più intensamente spirituali, e attenti alla condizione dell’uomo, tra peccato e grazia, come Lopez Garcia e Freud.

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