Da mercato della frutta a spazio per l’arte

Sono stati portati a termine i lavori inerenti il progetto di riparazione e ristrutturazione dell’ex mercato di Ispica.
Una costruzione nel cuore del centro città, costruita intorno al 1932 come mercato cittadino, nell’ambito della politica di architetture sociali promossa dal Fascismo.
Per molti anni luogo della vendita della frutta e verdura, del pesce e delle carni, luogo, anche di occasionali incontri fra i cittadini e di scambio di opinioni.
Una volta persa la propria funzione preminente: a lungo chiuso o sede temporanea di uffici decentrati del Comune, ma ormai irrimediabilmente perso; un inverno particolarmente inclemente con piogge alluvionali ne compromette la struttura, peraltro sottodimensionata e provoca un crollo parziale.
La somma urgenza da luogo ad un incarico all’architetto Salvatore Tringali da cui scaturisce un progetto articolato che prevede innanzi tutto un adeguamento e miglioramento di parte della struttura di copertura, con la posa in opera di capriate in acciaio negli angoli; il rifacimento del manto di copertura; l’adeguamento degli impianti tecnologici alle vigenti normative; la pulitura delle parti lapidee dei prospetti esterni; il restauro degli infissi esterni e la sostituzione degli interni.
Una struttura del genere merita, però, di più e l’attenzione del progetto si concentra anche sul restyling della fabbrica riconsegnando alla città un contenitore di pregio adatto a riprendere la funzione di luogo di scambio libero fra i cittadini presso il quale recarsi per dare un’occhiata ad una mostra, presso il quale presentare un libro o piuttosto conversare passeggiando fra le opere d’arte di Salvo Monica, magari sorseggiando un drink o acquistando un giornale o dei fiori.
Così è stata ricollocata la fontana al centro della corte e la copertura di questa, frutto di un intervento precedente, è stata resa in parte apribile per recuperare quella dimensione di spazio aperto interno originale; infine, ma non ultimo, l’invenzione di due quinte, quasi scenografiche che recuperano una parte della privacy degli angoli opposti al Corso Umberto, mantenendo la spazialità verticale e rendendo meglio fruibili questi luoghi collegati alle botteghe che si sviluppano sui lati lunghi della costruzione. L’intero sistema di illuminazione valorizza le caratteristiche proprie della fabbrica e le mette, è il caso di dire, in luce.

Presentazione pubblica dei Cartoni dei Pennacchi

Presentazione pubblica dei Cartoni dei Pennacchi nella Cattedrale di Noto.

A differenza di tante manifestazioni che si celebrano con l’appellativo di “culturale” e che nulla o poco hanno a che fare con il fare cultura, la presentazione pubblica dei cartoni preparatori per gli affreschi dei pennacchi della rinata Cattedrale di Noto, avvenuta domenica 31 maggio, all’interno della Chiesa dell’Arco, nell’atelier netino dell’artista Oleg Supereco, ha assunto una valenza culturale la cui intensità da tempo non veniva registrata a Noto.
Lo scenario teatrale aveva un sapore Elisabettiano, l’attore stava al centro del Teatro e la scena era costituita dalle persone che gli stavano, ordinatamente sedute, attorno, come sfondo i fuori scala dei cartoni raffiguranti i quattro evangelisti, S. Marco, S. Matteo, S. Luca, S. Giovanni, ciascuno dell’altezza di sei metri.
L’oratore, forbito e lucido come sempre, ha deliziato il pubblico con il racconto della genesi e delle motivazioni che lo vedevano essere allo stesso tempo artefice e narratore dei fatti che hanno condotto, oggi, al risultato di avere un completo e qualificato programma iconografico per la rinata Cattedrale, comprendente gli affreschi dei pennacchi e della cupola, già avviati, l’altare, l’ambone, le nuove vetrate, i portoni laterali della Chiesa e la pala d’altare del transetto.
La narrazione è stata arricchita dall’emozione scaturita dall’aver visto completato l’affresco del primo pennacchio di destra, raffigurante S. Luca, oltre che dalla consapevolezza, dopo l’avvenuta ricostruzione, di aver avviato concretamente anche il progetto di impreziosimento artistico dell’edificio sacro.
La soddisfazione dunque di aver raggiunto un’altra importante tappa nella ricostruzione artistica della Cattedrale di Noto, serpeggiava nei volti di tutti gli attori, sparsi tra il pubblico presente in “teatro”.
Il pubblico gente di ogni età, accorsa non solo per ascoltare l’oratore, ma per poter partecipare personalmente alla celebrazione dell’atto primo del processo di decorazione della “Casa di tutti”, che è la chiesa Cattedrale.
Impreziosimento ovviamente simbolico e spirituale, necessario ma non indispensabile all’interno di una Chiesa.
L’arricchimento artistico di una Chiesa assume infatti un doppio valore simbolico, da un lato è espressione del culto che in essa si venera, dall’altro la bellezza artistica costituisce un richiamo ascetico al concetto universale di bellezza soprannaturale.
La presenza di statue, sculture ed affreschi testimonieranno, nel nostro caso, infatti non solo la venerazione dei nostri Santi, ma la loro rappresentanza artistica diverrà strumento per il godimento estetico, che costituisce quell’aspirazione al “Bello” che ogni uomo deve perseguire.
Salvatore Tringali e Rosanna La Rosa

Attori:
Vittorio Sgarbi, Corrado Valvo, Oleg Supereco, Antonio Castiglione, Orazio Spadaro,
Salvatore Maiore, Rosanna La Rosa, Salvatore Tringali.

Gli Intellettuali del Papa? Una triste farsa

 

 Da “Il Giornale” del 23 novembre 2009 pag. 28 e 29

E dunque il Papa ha convocato gli «artisti». Alcuni hanno raccontato o commentato con emozione l’esperienza, nessuno ha potuto parlare. Dalle cronache risulta che Sergio Castellitto è l’unico che si è manifestato per leggere parti della lettera agli artisti di Papa Wojtyla. Ma i presenti erano troppi o erano pochi; ed erano quelli che avrebbero dovuto esserci o quelli che la notorietà ha reso obbligatori? Fatico a capire come attori e cantanti, registi e comici, alcuni anche apprezzabili debbano essere stati privilegiati rispetto a quanti hanno lavorato per la Chiesa con devozione e con convinzione. Un dibattito recente, alimentato anche da monsignor Gianfranco Ravasi, ha indicato i limiti e la inadeguatezza dell’architettura religiosa, ma questo non ha impedito di cooptare ali’ assise vaticana alcuni degli architetti responsabili di questo degrado, legittimandone le spudorate imprese. È vero che la presenza di Mario Botta rendeva onore alla categoria per l’impegno con il quale si è applicato ad alcune chiese nel Ticino, ma si fatica a capire che cosa motivasse l’invito, oltre la controversa fama, a Vittorio Gregotti o a Zaha Hadid.
Altrettanto inevitabili devono essere sembrate le presenze Yannis Kounellis, Arnaldo Pomodoro, Anish Kapoor, e anche di Nicola De Maria, Lucio Del Pezzo. Ma, mi chiedo, a che titolo? Mi pare assai singolare che monsignor Ravasi ignori l’impegno di uno dei luoghi sommamente simbolici dell’arte cristiana, dove da anni si lavora per restituire unità di architettura e decorazione. Mi riferisco alla Cattedrale di Noto, restituita al suo disegno originario, e oggi cantiere di una vasta impresa di scultura e di pittura. Nel comitato che presiede alla simbolica impresa c’è un giovane vescovo, collega di Ravasi, monsignor Chenis. Con lui abbiamo selezionato e invitato alcuni artisti di diverse generazioni per compiere la difficile opera anche in relazione alle esigenze liturgiche. Si è richiamato l’allievo di Nicola Arduino che vide nascere nella bottega del maestro il soffitto distrutto nel crollo: Ottavio Mazzonis, classe 1921, pittore di straordinario magistero. A lui sono state chieste le pale per il transetto. A un giovane artista russo, Oleg Supereco, operoso in Italia e esperto nella tecnica dell’affresco, sono stati chiesti, ed eseguiti con la sobria misura di un «nazareno», i pennacchi con gli evangelisti e gli apostoli nella cupola. A un grande scultore moravo, Ivan Theimer, sono state chieste le porte laterali in bronzo. E a Filippo Dobrilla, toscano di ispirazione michelangiolesca, il San Giovanni per il battistero. Alle vetrate si è applicato l’abilissimo Francesco Mori, già ammirato nella riproduzione delle vetrate di Duccio di Boninsegna nel Duomo di Siena. Miracolosamente, leggo tra gli invitati il nome di Giuseppe Ducrot, autore dell’altare e del pulpito della chiesa di San Benedetto a Norcia e, a Noto, incaricato dello stesso impegno. Non mi risulta che in Italia vi sia un cantiere più prestigioso di quello di Noto, evidentemente sfuggito all’attenzione degli organizzatori dell’incontro con il Papa. E, pensando a quanto sia difficile testimoniare in forme o temi della fede cristiana, mi chiedo come si sia potuta ignorare la testimonianza costante, tenace, mistica di un grande artista come Giannetto Fieschi, oggi quasi novantenne, e in tutta la sua attività segnato dalla croce. In altra direzione, ma con analogo afflato mistico, si è mosso Valentino Vago, che non so se abbia ricevuto una chiamata. Dalle cronache, ma l’elenco dei presenti non è completo, non risulta traccia neanche del più osti nato contro ogni mistificazione e ipocrisia, dei pittori che si sono applicati ai soggetti religiosi: Mario Donizetti. Certo la sua eventuale assenza e la presenza, invece, di un artista lontanissimo dalla problematica religiosa come Lucio Del Pezzo, inducono a riflessioni sul metodo e sulle finalità dell’incontro. Se penso poi all’intensità dell’esperienza siciliana registro con qualche stupore (e spero sia attribuibile alla insufficienza delle cronache) l’assenza dei nomi di Piero Guccio-ne, spirito mistico come pochi altri di Franco Sarnari e, tra i musicisti, di Franco Battiato. Sono certo invece dell’assenza non sopportabile, perché forse attribuibile alla mano del diavolo dei due più grandi artisti viventi, non so se non raggiunti, o non disponibili, ma certo spiriti religiosi come pochissimi altri, lo spagnolo Antonio Lopez Garcia e l’inglese Lucien Freud. Difficile immaginare un incontro con gli artisti a cui siano presenti Emilio Isgrò, Giuseppe Gallo, Gino Giannetti e siano assenti i due artisti più intensamente spirituali, e attenti alla condizione dell’uomo, tra peccato e grazia, come Lopez Garcia e Freud.

Lo splendore metafisico della Cattedrale di Noto

Articolo pubblicato nel numero di marzo 2009 della rivista Tetto & Pareti

Fra antiche tradizioni e nuove tecnologie un esempio di eccellente recupero monumentale

Aperto cantiere San Biagio Amiterno l Aquila

Dopo l’esperienza di volontariato e ricognizione a L’Aquila lo studio LCT-architettura ha messo a disposizione la propria esperienza per lo sviluppo del progetto di intervento sulla chiesa di San Biagio nel cuore del centro storico della città; il giorno 15 marzo alle ore 12:00, è stato inaugurato il cantiere per il recupero della chiesa di S. Biagio d’Amiternum finanziato dalla Fondazione Roma. Erano presenti, oltre il presidente della Fondazione avv. Emanuele e alcuni consiglieri della stessa, Monsignor Giuseppe Molinari Arcivescovo di L’Aquila, Monsignor Giovanni D’Ercole Vescovo Ausiliare, l’Ingegnere Luciano Marchetti Vicecommissario della protezione civile, Don Luigi Maria Epicoco Parroco della Chiesa di San Biagio. La filosofia dell’intervento di restauro è quella di partire da ciò che esiste già individuando nell’edificio originario quelle risorse intrinseche che possono consentirgli di resistere ad un terremoto di notevole intensità. Gli interventi seguiranno così la logica di correggere i difetti dell’attuale struttura, eliminando le superfetazioni strutturali realizzate nel tempo, integrarne la qualità, aggiungendovi ciò che manca, in modo puntuale, talchè correzioni e adattamenti non parlino un linguaggio culturalmente e tecnicamente estraneo alla costruzione originaria ma ne costituiscano semmai una naturale e coerente evoluzione.

Palazzo INA e arredo urbano Piazza San Giovanni RG

Gli architetti Salvatore Tringali e Rosanna La Rosa di LCT Architettura in qualità di componenti del gruppo di progettazione rappresentato dall’ Arch. Luigi Sylos Labini; comunicano che dopo i lavori a porte chiuse da parte della commissione esaminatrice presieduta da Paolo Portoghesi, il sindaco Nello Dipasquale, supportato dal dirigente del settore centri storici, Giorgio Colosi, ha annunciato i nomi dei vincitori del primo posto “ex aequo”. Il progetto “Trame d’ombra”, redatto dall’ingegnere architetto Gian Luigi Sylos Labini in collaborazione con lo studio Laboratorio Città e Territorio Architettura; “Renovatio Urbis” redatto dall’architetto Andrea Santa Croce.
Dalla Relazione di Presentazione:
(…) L’intervento di riqualificazione e recupero del palazzo INA ha come obiettivo strategico il ripristino della centralità di piazza San Giovanni nelle dinamiche urbane ed economiche della città di Ragusa.
Tale rinnovamento deve fondarsi sul recupero e la creazione di antiche e nuove relazioni necessarie a ridare al luogo un valore riconosciuto da tutti e ripristinare così le forti valenze architettonico/ambientali originarie.
Il progetto dovrà tendere dunque ad un’ambientazione ottimale in relazione alle caratteristiche morfologico/ambientali dell’area, coniugando una nuova dimensione funzionale con una “rinnovata” condizione umana attraverso la qualità degli spazi, il controllo della luce, la percezione dei nuovi materiali.
L’intervento non solo dovrà assolvere dunque a tutte le necessità programmate ma dovrà riqualificare l’intorno in cui si inserisce, creando con esso nuove relazioni e caricando di nuovo senso gli ambiti esistenti e sprigionando tensione rigenerativa verso la città.
La nuova architettura dovrà dunque aggiungere valore al contesto senza rinunciare alla sua contemporaneità ed evitando compromissioni in “stile”.
L’obiettivo di un’opera compatibile ed armonizzata anche se contemporanea, può essere raggiunto attraverso una lettura ed una reinterpretazione dei tracciati dei segni del territorio, della memoria e dei sentimenti dei luoghi e degli uomini.
Solo così il contesto e le sue stratificazioni possono divenire “progetto”.
Alla base, dunque, della ridefinizione dell’edificio, deve esserci la ”fluidità del rapporto narrativo” tra il contemporaneo e la storia attraverso una riscrittura delle caratteristiche fisiche, materiali e spaziali.
La nuova architettura dovrà essere ricca, al pari dei riverberi barocchi, di sentimento condiviso e bellezza.
Tale obiettivo, se raggiunto, permetterà di vivere “nella contemporaneità, un luogo modellato dal passato, territorio fisico della memoria”.
La struttura narrativa e semantica del contesto, individua nel prevalere delle masse , nella verticalità degli elementi di facciata, nel dinamismo delle decorazioni barocche il proprio linguaggio. (…)

Primo Step – San Biagio di Amiterno

L’apertura del cantiere di San Biagio di Amiterno a L’Aquila con la festa del 15 marzo ha segnato il primo passo a cui è seguito subito lo step successivo: già a partire dal 20 aprile, ultimo scorso, una equipe specializzata ha avviato le indagini preliminari sul monumento. Un passo concreto e fattivo sulla strada della rinascita della fabbrica.
Gli architetti Salvatore Tringali e Rosanna La Rosa responsabili della Società di ingegneria Laboratorio Città e Territorio srl, con la Professoressa Luigia Binda e il professore Claudio Modena assistiti da un gruppo di collaboratori hanno iniziato effettivamente la campagna di indagini preliminari conoscitive sul manufatto.
Il progetto della campagna di indagini è stato realizzato in base alle effettive esigenze emerse sulla base delle analisi visive e fotografiche effettuate sul manufatto.
Le analisi di prima fase hanno sollevato una serie di questioni inerenti la condizione attuale della fabbrica in relazione alle vicende costruttive e agli eventi subiti. Specificatamente adesso è necessario acquisire tutti gli elementi possibili a mezzo di indagini visive, valutative e strutturali sui seguenti temi: Fondazioni, Murature, Facciate, Pilastri, Volte e Coperture, Tirantature. A tal fine sono in corso indagini georadar, Prove soniche, Tomografie soniche, Microcarotaggi ed endoscopie, Martinetti piatti singoli e doppi, Prove radar, Prove termografiche, Caratterizzazione dinamica della struttura, Pozzetti esplorativi.
A compendio dell’intera campagna di indagine sarà redatta la relazione interpretativa sull’elaborazione di tutti i dati acquisiti e dei risultati ottenuti dalla campagna in atto, completa delle schede e dei dati tecnici risultanti dalle indagini, l’elaborazione grafica e fotografica dei dati; la verifica ed integrazione del quadro fessurativo già approntato e una relazione valutativa finale e comparativa di tutti i risultati ottenuti in questa fase. In tal maniera il progetto di intervento si baserà su presupposti solidi che permetteranno di mirare a dovere ogni scelta successiva.

Uno spazio quasi perso recuperato per la comunità

A un anno e mezzo dall’annuncio iniziale, sono partiti i lavori per il rinnovamento dell’area di fronte al Palazzo Mercedari e del sagrato della Basilica Santuario Madonna delle Grazie a Modica.

Questo ambizioso progetto, finanziato grazie ai fondi provenienti da Agenda Urbana Modica, comprenderà il rifacimento del pavimento utilizzando pietra calcarea, la creazione di zone verdi chiamate “Giardini della pioggia” e un miglioramento dell’illuminazione artistica.

I “Giardini della pioggia” sono delle aree depresse con una copertura erbosa, dove le piante saranno in grado di assorbire l’acqua piovana e filtrare le sostanze inquinanti. Questi giardini serviranno a gestire e regolare il flusso di grandi quantità d’acqua piovana proveniente dai tetti, dalle strade e dalle grandi superfici pavimentate, contribuendo in modo significativo alla riduzione dell’inquinamento delle acque, trattenendo e purificando l’acqua di scorrimento urbano.

Questo progetto di riqualificazione trasformerà una delle aree più importanti della città, che purtroppo ha subito spopolamento e degrado negli ultimi decenni. Sarà un complemento prezioso per gli altri luoghi di interesse turistico della città e restituirà a Modica uno dei suoi centri storici e culturali più significativi. I parcheggi rimossi saranno sostituiti da un’area di parcheggio gratuita presso il Palazzo dei Mercedari, che verrà realizzata in parallelo. Presto, quindi, vedremo il completamento della riqualificazione di uno degli ultimi grandi spazi aperti nel centro storico di Modica.

Questo rappresenta un’opportunità per migliorare la qualità dell’ambiente urbano, con interventi in sintonia con l’importanza degli edifici storici circostanti.